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Da un esame della dieta contadina tradizionale – qualsiasi sia il livello socio-economico trattato – emerge l’importanza rivestita in essa dalle “farine”, siano esse provenienti da cereali o da castagne. Il loro utilizzo trovava impiego – sia “in purezza” che miscelate fra loro in diverse proporzioni –  per la confezione di sfoglie, per la panificazione, o altro ancora.

Per quanto attiene l’impiego in purezza, riguardo il frumento, troviamo la sua farina impiegata nella panificazione (a’ levà, cotta sotto a’ campan’a), nella confezione di sfoglie (a’ grusta) da cui si ottenevano lasagne e taglierini, nella confezione di gnocchi; e, infine, per confezionare gli immancabili testatori (i’ testaiö)’ cotti nei testelli.

Per il mais, regina era la polenta, cucinata in diverse consistenze, e poi la confezione di focaccette, anch’esse cotte nei testelli.

Per la castagna, principale utilizzo della sua farina era la preparazione del castagnaccio (a’ panélla), sia cotto sotto la campana o anche nei testelli: in alcuni casi la sua farina veniva impiegata per la preparazione di una polenta dolce.

Nel caso in cui venivano variamente miscelate, troviamo, ad esempio: Frumento e castagna per confezionare  sfoglie da cui ottenere  lasagne dolci; oppure per confezionare gnocchi; entrambi i prodotti in genere conditi con ricotta; inoltre per la confezione del Pan martìn, tipica pagnotta semidolce.

Anche la miscela frumento/mais veniva usata per confezionare un tipo di pagnotta.

Regina incontrastata di queste “manipolazioni alimentari” era la massaia (a’ donna de cà), e suo laboratorio esclusivo la madia (a’ méisia) in cui venivano eseguite la stragrande maggioranza delle lavorazioni..