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Il Museo Diffuso può essere considerato, di fatto, un progetto socio/culturale – e quindi anche amministrativo – da svilupparsi in stretta correlazione con la comunità di riferimento. In questa ottica, tutte le fasi pregresse sono da ritenersi un’operazione propedeutica alla sua condivisione: prime azioni costitutive del Museo Contadino, attraverso le iniziative di ricerca nella comunità per la raccolta di oggetti (ricerca via via tramutatasi in accettazione di  offerte), così per foto e documenti; quindi l’acquisizione in disponibilità di strutture abitative, laboratoriali, di lavorazione dei prodotti, ecc. Prime campagne archeologiche a Monte Loreto. Prime campagne a S.Nicolao. Interventi di recupero e valorizzazione della sentieristica.  Istituzione di un settore di ricerca dendrocronologica.  Istituzione di rapporti di studio e collaborazione con Università  nazionali e straniere finalizzati a ricerche riguardanti l’archeologia rurale, ecc.

Nel corso della fase costitutiva si è preso atto dell’esistenza di specificità del contesto storico/culturale che occorreva leggere a scala locale. Specificità derivanti da motivazioni storiche le più diverse: legami interpaesani per trasferimenti di parentele; relazioni dovute alla dislocazione in varie borgate dei possedimenti terrieri di grandi possidenti; relazioni derivanti da fasi di alcuni cicli lavorativi (mietitura, aratura, macinazione, frangitura, ecc.); legami relativi a tradizioni paesane o liturgiche; antichi legami derivanti da usi civici comuni o da “franchigie” di epoca podestarile; attività condivise legate all’attività mineraria (Monte Loreto, Monte Zenone, Monte Alpe): pratiche comunitarie   (“comandate”) su tratti interfrazionali o ponti. Si è ritenuto importante mantenere evidenti e caratterizzate tali specificità, senza con questo compromettere una visione d’assieme e di complementarietà e integrazione e – dal punto di vista gestionale delle strutture culturali – una programmazione unica e strettamente integrata e sistemica.

Si è trattato, in sostanza, di una prova di “allestimento” museale dove l’aspetto importante  è stato non tanto quello “estetico”, quanto quello partecipativo, conseguendo l’esito che una parte rilevante della comunità si è riconosciuta nell’iniziativa.

La finalità principale è stata quella di fare del Museo Diffuso il luogo di interpretazione, per quanto possibile condivisa, del patrimonio territoriale e quindi fattore importante (certamente – e realisticamente- non unico) nel contesto delle scelte amministrative sulla gestione del territorio e sulla sua economia.

Questa impostazione amministrativa produce esiti tangibili: L’iniziativa di recupero sentieristico e di valorizzazione delle emergenze, già in questa fase abbastanza condivisa, ha visto il nascere di diverse nuove strutture ricettive di tipo extralberghiero, motivate da una aspettativa di incremento del flusso turistico; un progetto su scala comprensoriale di recupero dei terreni olivati ha visto la disponibilità a partecipare da parte di proprietari di appezzamenti nella prospettiva di  un possibile sbocco commerciale del prodotto nell’utenza turistica, anche attraverso la  “filiera breve”. Può diventare percorribile un progetto di recupero urbanistico su centri storici di pregio anche attraverso  l’azione dell’“Albergo Diffuso”,.ecc . Diventa quindi sostenibile un discorso generale sul patrimonio territoriale.

Si ritiene poi che il Museo Diffuso debba costituire un oggetto in divenire, in un rapporto di confronto e partecipazione della cittadinanza (realisticamente non è pensabile un meccanismo di “decisioni assembleari”, ma pur nell’ottica di una razionale e delegata operatività amministrativa, è di assoluta importanza il mantenere  e promuovere un rapporto partecipativo con la comunità).